Questa volta, non rimanere a guardare (a proposito di Metaverso, Nft, e altre cose nuove)

Il miglior consiglio per questi tempi nuovi credo lo abbia dato qualche giorno fa Baricco: questa volta, non stare alla finestra, non starsene a guardare. Andare “lì” a vedere.
In un articolo di qualche settimana fa su Repubblica, motivando la decisione di lanciare un NFT per Novecento, Baricco ha detto proprio questo: non starsene a guardare.
Una riflessione che parte da lontano e in un certo senso collega tempi diversi: quelli in cui iniziava il Game e quelli in cui nell’aria sembra esserci qualcosa, più di qualcosa, che potrebbe stravolgere il Game per come abbiamo, da poco, non tutti, imparato a conoscerlo e giocarlo.
La promessa del Game era quella di eliminare mediazioni e mediatori, quella del metatarso, degli NFT, della decentralizzazione, è farlo succedere davvero.
In realtà siamo ancora nella fase di propositi e promesse. E, a dire il vero, la distribuzione di risorse, economiche e tecniche, informazioni e capacità di accesso e influenza, del nuovo mondo, è ancora di tipo sbilanciato come prima: pochi hanno tanto, pochissimi possono influenzare tantissimo, il primo vince tutto insomma.
Ma c’è comunque qualcosa di nuovo dal quale non possiamo starcene in disparte.
Sarà una bolla? Gli NFT sono una cazzata? Il metaverso non esiste e avevamo già Second Life?
Forse. Si vedrà. Forse si evolverà tutto in niente o in qualcosa che ancora non possiamo nemmeno immaginare.
Però credo sia qualcosa di molto diverso e che inciderà comunque moltissimo.
Mi viene in mente una parola: bitcoin.
Ecco, credo sarà molto diverso da bitcoin.
Chi ci ha investito agli inizi adesso ha vinto il gioco ed è milionario.
Chi non ci ha investito ci pensa e si mangia le mani. Ma mica così tanto.
Forse, una persona normale, ci avrebbe investito 1000 o 2000 o 3000 euro. Con le quotazioni di oggi avrebbe un capitale di circa 100 mila euro.* Sì, sono soldi. Ma non quel genere di soldi che ti cambiano la vita. Né così lontani da quanto possa aver fruttato un investimento in dieci o venti anni in competenze, idee, imprese.
*Nel 2013 il valore di un bitcoin ha superato i 1242 dollari, solo un anno prima, nel 2011 era a meno di un dollaro. Sto semplificando immaginando una "persona normale" che abbia investito qualcosa nel primo periodo di grande interesse mediatico dei bitcoin e a un cifra superiore ai 1000 dollari per unità. In ogni caso, nel gioco dei se e e dei ma, va comunque considerato che molti investitori che sono entrati durante i primi anni di Bitcoin hanno finito per vendere alcune delle loro posizioni durante la salita se non tutte.
Credo invece che quello che verrà avrà un impatto diverso. Non tanto per una questione economica ma di rilevanza, linguaggio, approccio. Una “torsione culturale”, citando di nuovo Baricco.
Credo sarà qualcosa di simile a coloro che hanno voluto resistere in tutti i modi al digitale. A quelli del “no, io non vendo on line”. “No, io non uso i social”. “No, io sono un giornalista della carta stampata”, “Sono un avvocato”, “un lavoro ce l’ho non ho tempo per queste cose…”
Ciò che conta più che giocare è la mentalità da "giocatori"
L’altro giorno un amico di infanzia mi ha detto che è terribilmente infelice del suo lavoro.
Ha fatto un percorso di tipo ordinario: liceo, laurea, concorso, assunzione.
C’è stato un tempo in cui era felice di avere uno stipendio sicuro. Oggi no.
Mi ha detto: eh però che vuoi che faccia adesso a 40 anni?
Non ho saputo rispondere.
Ma non perché credo sia vero ma perché so che per lui è vero.
Per me, per quelli che hanno corso le montagne russe del nuovo mondo, di quello di prima intendo, del Game insomma, 40 anni o 50 sono età in cui puoi sempre inventarti qualcosa.
O, in chiave meno romantica, sappiamo che a 30, 40, 50, forse anche 60 anni, dovremmo sempre inventarci qualcosa per rimanere rilevanti.
Il vantaggio e le regole del gioco, tanto di quello vecchio tanto più di quello che deve cominciare, sono di tipo adattivo.
In, “Adaptation Advantage”, un libro fatto per questi tempi e che mi sento di consigliare, Heather E. McGowan and Chris Shipley, lo raccontano alla perfezione:
“Siamo spesso orgogliosi del nostro bagaglio di conoscenze e competenze, oltre che della fedeltà verso le nostre convinzioni e le nostre opinioni. Il che ha senso in un mondo stabile, un mondo nel quale veniamo ricompensati per la convinzione che nutriamo nelle nostre idee. Il problema è che invece viviamo in un mondo in rapida evoluzione, un mondo in cui al ripensamento va dedicato lo stesso tempo che destiniamo al pensiero.”
Non solo al ripensamento ma anche all’esplorazione, direi.
La curiosità e il coraggio di guardare oltre il muro, senza la cocciutaggine o l’incoscienza di buttarvisi dentro.
Non rimanere alla finestra. Non starsene lì a guardare.
Poi scopriremo, forse, di cosa si tratta e l’impatto nelle nostre vite o che vorremo abbia nelle nostre vite.
Ma intanto esplorare. Anche solo avere la curiosità di chiedersi: “cosa c’è oltre il muro?”
Ci vediamo dall'altra parte.
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