A patto che...

Quando oltre dieci anni fa iniziai a lavorare come ghostwriter, il mio primo incarico fu quello di scrivere un libro. E fu un disastro.
Internet iniziava a consolidarsi come il campo principale da gioco per chiunque avesse un qualche ruolo sul mercato. In Italia, come sempre, ci eravamo arrivati con un filo di ritardo. Il Personal Branding, un concetto neanche così nuovo, frutto di un’idea di Tom Peters nel 1996 (ma in realtà un concetto base del marketing e dell’umanità) aveva insinuato un tarlo nella mente di imprenditori e professionisti: “sei amministratore delegato di te stesso”, la voce della tua marca. E un libro iniziava ad essere non solo un sogno atavico degli umani ma un’esigenza di business, l’arma vincente con la quale conquistare il mercato.
Quel mio primo cliente, un imprenditore giovane e smaliziato lo aveva capito, se ne era convinto, mi aveva assunto. E fu un disastro.
Il problema fu scoprire che l’unica idea era “scrivere un libro” e che dietro tante riflessioni apparentemente audaci non ve ne fosse una di originale, forte, intima, degna di essere condivisa. 
Ho realizzato in quel momento che i libri sono la cosa più bella della nostra civiltà ma anche il più grande spreco di inchiostro, carta, o pixel, tempo, soldi ed energia.
Fortunatamente ho avuto anche la fortuna di lavorare con persone straordinarie e scoprire che a volte un libro non è l’atto egoistico di chi sogna il proprio nome in copertina, né tantomeno una tattica di marketing. È il modo più generoso per condividere un’idea che possa aiutare qualcuno che sta lottando con la sua sfida pensando non vi sia una via d’uscita. Il modo migliore e più umano per massimizzare l’impatto del nostro lavoro, della nostra esperienza, del nostro talento.
Vorrei averlo scritto io ma è frutto di Shawn Coyne: Che tu lo sappia o no, il tuo desiderio di scrivere nasce dall'impulso non solo di essere “creativo”, è un bisogno (che ogni essere umano ha sulla terra) di aiutare gli altri.

Un’altra cosa che capì grazie a quell’esperienza infelice, fu che non mi sarei mai più proposto come ghostwriter.
Non mi interessa discutere se un ghostwriter sia un lavoro etico o meno, se sia giusto contribuire a una bugia (qualcuno firma le idee di un altro).
Solo ho scelto che non faceva per me. E che in genere nessuno dovrebbe accettare una cosa simile, specie nella scrittura di un libro.
Un conto è avere un professionista che ti dia una mano quando le parole litigano e i pensieri fanno a gara per chi deve stare in cima, e poi si scontrano così forte da bloccare tutto.
Un conto è non avere idee e volerle comprare.
Che poi, a parte pochissime persone, non è possibile non avere idee proprie, forti, originali. E se è vero che ciascuno di noi ha una sua storia, fa un suo percorso, già questo è garanzia di autenticità e originalità.
Ad ogni modo ho presto trovato un’altra strada. Per presentarmi, per lavoro. Sono un Thinking Partner, una persona che spartisce con te il viaggio che va dall’avere un’idea al raccontarla. Dall’idea di “vorrei scrivere un libro” a un libro che finisce davvero in libreria o, ancora più importante, nelle mani delle persone.
Detto questo, se stai pensando di scrivere un libro, se ci tieni davvero, se non credi sia solo qualcosa “che bisogna fare”, puoi contare su di me.

IL MIO LIBRO

Pixel in crisi: la crisi più spettacolare di sempre

Nel 2018 ho pubblicato Pixel in Crisi, un saggio sullo stravolgimento del mercato per come lo conoscevamo e l'inevitabilità di ripensare il concetto di rischio e delle nostre carriere. Rileggendolo oggi un po' me ne vergogno ma in fondo ci sono un paio di concetti con i quali ci avevo azzeccato, e una bella postfazione di Sebastiano Zanolli. Se hai Kinlde Unlimited puoi leggerlo gratis.